Nel 1983 Howard Gardner rivoluziona il modo di pensare all’Intelligenza, traghettandoci da un fattore unitario, misurabile tramite il Q.I., in un mondo fatto di pluralismo, quello delle Intelligenze Multiple. Nel 1994 Daniel Goleman ne ‘fonde’ due, la intrapersonale e l’interpersonale, in quella che chiama Intelligenza Emozionale. Il successo mediatico è rapido ed enorme, il ‘nuovo verbo’ si diffonde e nel 1998 arriva anche in azienda, grazie a un suo articolo sulla Harvard Business Review. Siamo in piena esplosione del tema “War for Talents” (1997, McKinsey) e, da allora, queste due tematiche sono al centro se non delle strategie almeno dei pensieri tanto degli HR Manager quanto dei Manager di linea, che continuamente si interrogano su come attrarre e trattenere i talenti, come motivarli e fare in modo che mettano in campo quel ‘quid’ in più. Le ‘tipologie’ delle generazioni e dei lavoratori si susseguono – x, y, z, digital natives e via dicendo – ognuna con le sue specificità, con esigenze da comprendere e soddisfare per assicurarsene il coinvolgimento e l’impegno. In un mondo sempre più mutevole, complesso e variegato, cerchiamo strumenti per riconoscere, gestire e ottimizzare le diversità, affannandoci su mille fronti, rincorrendo i cambiamenti e continuando così a porre l’accento su quello che ci divide. E se invece scegliessimo di ripartire da quello che ci unisce? Potremmo rischiare di recuperare focus e produttività. Lavorare sui fattori comuni, piuttosto che sulle diversità, ci consente infatti di ridurre gli sforzi e, soprattutto, indirizzarli a costruire una piattaforma comune. Vogliamo persone motivate? Dia- mogli le chiavi per essere felici – e quindi produttivi. Perché prima di “cosa” fa star bene noi e i nostri collaboratori, viene il desiderio, l’aspirazione a stare bene, ad Essere Felici, comune a tutti. E la Felicità porta, anzi è Produttività: Felix = “fertile, fecondo, generatore”. E “le persone soddisfatte di sé producono buoni risultati”, ci ricordano Blanchard e Johnson nell’intramontabile One Minute Manager. Semplice, no? Riportiamo le Persone al centro delle nostre attenzioni, e non le “cose” che le fanno star bene. La felicità infatti, come ha ampiamente dimostrato Martin Seligman, non dipende (tanto) dalle condizioni di vita o di lavoro, quanto dal modo di leggere, interpretare e spiegare gli avvenimenti – cioè dall’utilizzo della nostra intelligenza cognitiva. Poiché la natura specifica dell’uomo consiste nell’esercizio della ragione, la Felicità più alta, secondo Aristotele, consiste nella sapienza, nell’intelligenza. Uno dei padri del pensiero occidentale ci ricorda così come la Felicità, spesso ‘etichettata’ come argomento new age o buddista, sia in realtà parte integrante della nostra cultura. L’abbiamo dimenticato! Abbiamo messo da parte la chiave della produttività!! Che è sempre stata a portata di mano e che oggi, fortunatamente, sta tornando di moda. L’aspirazione ad essere felici, dunque, come primo elemento di unione – e quindi di intervento possibile per quanti intendano stimolare il buon lavoro e la produttività, personale e di gruppo. L’Intelligenza Emozionale come secondo elemento di unione, di riconoscimento, da curare e sviluppare: le emozioni, e le loro espressioni, sono le stesse in tutto il mondo, in ogni popolo, etnia, razza e religione; educare le persone a riconoscerle è un investimento a basso costo ed alta redditività. Altri elementi di profonda unione: apparteniamo tutti alla specie umana (!) e VIVIAMO sullo stesso pianeta – due aspetti che faremmo bene a mettere al centro dei nostri pensieri e azioni, se vogliamo continuare a esistere! E dalle riflessioni proprie della Intelligenza Esistenziale, il passo è breve verso la Spiritualità, il “bisogno innato dell’essere umano di sentirsi connesso a qualcosa di più grande di noi”. Per Stephen Covey è una delle 4 dimensioni dell’autorinnovamento: “rinnovare la dimensione spirituale conferisce leadership alla vostra vita; è il vostro nucleo, il vostro centro, il vostro impegno verso il vostro sistema di valori”.
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